Il virus strisciante

Vita sospesa.
Ascolto il rumore del condizionatore, il ronzio del frigorifero, lo sfrigolare del neon.
Qualche macchina passa, solitaria, sulla strada. Ogni tanto una cadenza di passi, qualche imprecazione, il cigolio di una bicicletta arrugginita.
Questo appartamento, per quanto accogliente, non è casa mia. Non sono qui in vacanza, ma “al confino” per cercare di sfuggire a quel virus maligno che si è intrufolato, un corpo alla volta, dentro tutto il resto della famiglia.
Le chiamate whatsapp non sostituiscono lo scalpiccio strascicato dei piedi sulla scala di legno, il bip bip dell’allarme che viene tolto, il profumo del caffè la mattina. Qui l’odore, chissà perché, è diverso.
La nostra vita si srotola fra piccole abitudini, dal contendersi il lavandino del bagno la mattina, lanciando occhiate inquiete all’orologio appeso sul tavolo della sala da pranzo, al trovare le pantofole sempre allo stesso posto. Siamo legati alle consuetudini, alle ripetizioni, all’accumularsi di gesti familiari che ci creano una confort zone rassicurante.
I mostrilli che strozzerei volentieri perché lasciano le scarpe in giro, che occupano tutto lo spazio con la loro presenza, la voce, la scontrosità e la petulanza tipica dei figli sono figure sbiadite in questo luogo che tengo in ordine in maniera quasi ossessiva, ansiosa di dare un senso a queste ore.

Possibile che il Covid, in questi due anni, abbia stravolto così tanto la nostra vita?
E che ci sembri normale passare giorni in quarantena, indossare mascherine tutto il giorno, limitare gli abbracci e non riuscire più a vedere le espressioni del viso?
Sono stanca e siamo stanchi, il lavoro non riempie il vuoto che la distanza forzata crea, come all’interno di una camera d’aria.

L’unica speranza è riuscire a raccontare tutto questo, un giorno, con il sospiro tipico dei vecchi quando pensano a tempi passati, sapendo perfettamente che nulla, nulla, potrà mai rendere vividi i sentimenti e le sensazioni di quello che abbiamo passato, vissuto, potrà dare l’idea della paura, del senso di solitudine, del cambiamento delle abitudini.

Mia mamma ha passato la guerra. Questa è l’espressione che usa: ho passato la guerra. Sono andata oltre, sono sopravvissuta. Ecco, io spero di poter dire un giorno: ho passato il Covid.