Scuola e clinica

Leggo il sempre illuminante Umberto Galimberti, un articolo sulla patologizzazione della scuola.

“Per esonerarsi dalle sue responsabilità, la scuola non deve consegnare alla clinica gli effetti della sua noncuranza”.

Oggi, sempre più spesso, di fronte a bambini più “difficili” degli altri assistiamo al ricorso ad etichettature di DSA, iperattività, ADHD. Con conseguente ricorso a sostegni di vario genere, compreso quello umano. Galimberti osserva “bisogna vedere con molta attenzione se è proprio necessario, perchè, insieme al sostegno, in molti casi indispensabile, si dà al bambino anche il messaggio che da solo non ce la farà mai e avrà sempre bisogno di chi lo sostiene, quando invece, con un po’ di incoraggiamento e un po’ di esercizio, potrebbe farcela anche da solo”.

A questo effetto perverso di dover sempre “sostenere” i nostri figli in qualsiasi cosa facciano (salvo poi lamentarci che siano mammoni e stentino a muovere passi al di fuori della sfera familiare) aggiungiamo un ulteriore elemento: quante risorse togliamo, in un sistema di risorse scarse, a chi ne ha realmente bisogno? Quanti bambini con diverse abilità, che con quel sostegno potrebbero sperare di migliorare la qualità del loro apprendimento, sono invece destinati a rinunciarci perchè si sa che la coperta è corta ed è giusto assegnare a tutti quanto di competenza?

Quindi vediamo bene che chi non fa il suo lavoro con coscienza, che sia insegnante o neuropsichiatra o genitore, oltre al danno per la persona con cui ha direttamente a che fare ne sta facendo uno ben maggiore a chi avrebbe bisogno di quegli aiuti e se li vedono invece centellinare o addirittura negare.